25 Novembre 2020 – Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne

25 Novembre 2020 – Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne

Il 25 novembre è la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Questa data è stata scelta in memoria delle sorelle Mirabal. Patria, Minerva e Maria Teresa furono tre attiviste che nella Repubblica Dominicana degli anni 50 si esposero pubblicamente contro il dittatore Trujillo. Il “generalissimo” è noto per essere stato uno dei più violenti dittatori latinoamericani del 20simo secolo. Nel 1937 fu responsabile  del massacro di Parsley, in cui ordinò l’omicidio di 20.000 Haitiani. Le sorelle Mirabal organizzarono diverse attività segrete per rovesciare la dittatura. Nel 1959 Minerva Mirabal e il marito Manolo Tavez fondarono il movimento armato rivoluzionario del 14 giugno. Il 25 novembre 1960 Patria, Minerva e Maria Teresa furono torturate e uccise per ordine del dittatore. I sicari provarono a camuffare il loro omicidio. All’opinione pubblica, però, fu subito chiaro che le sorelle Mirabal erano state assassinate. In molti cominciarono a ribellarsi. E di lì a poco il regime finì con la morte del dittatore.

Nel 1999 l’ONU istituisce la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Per noi questa giornata deve mobilitare tutti per l’eliminazione della violenza di genere, perché la violenza di genere, come il genere stesso, non procede dalla conformazione anatomica, ma è radicata nei ruoli di genere creati e ripodotti ogni giorno in società, nell’ambito economico, politico e culturale. La violenza di genere è una manifestazione della persistente discriminazione economica, sociale, legale e politica contro le donne ed i corpi femminizzati. Le persone non binarie e le donne trans sono ancora più esposte alla violenza di genere. L’Italia detiene tristemente il maggior numero di omicidi di carattere transfobico in tutta l’Unione Europea.

Sebbene le donne e le ragazze rappresentino una quota di gran lunga inferiore rispetto agli uomini nel totale degli omicidi, sono loro tuttavia a morire molto più spesso per mano di un famigliare o di un partner. L’80% delle vittime di omicidio in totale sono uomini, ma quando analizziamo il numero di omicidi di matrice domestica la proporzione si ribalta, l’82% delle vittime degli omicidi condotti per mano del partner sono donne. Questo significa che per le donne e le ragazze la casa non è un porto sicuro o un focolare, ma è il luogo dove si è più esposti al pericolo.

La morte di coloro che vengono  uccise da persone vicine è il culmine di precedenti violenze di genere. Non bisogna chiamarli “atti passionali”, “tragedie familiari” o “ictus di rabbia”. Le persono uccise da un familiare, un compagno o un ex non muoiono per l’eccesso di un singolo uomo, ma perché le relazioni che intrattengono con lo stato, la chiesa, le istituzioni, le imprese, la famiglia le pongono in una posizione subordinata in quanto donne, ragazze, transessuali, non eteronormative e non binarie. La loro morte violenta non può essere spiegata senza confrontarsi con le strutture sociali e culturali a cui tutti partecipiamo.  Per questo è importante parlare di femminicidio.

Questi assassinii si chiamano femminicidi. L’origine di questo fenomeno va cercata nel patriarcato, nel capitalismo e suprematismo bianco.

Perché è importante scendere in piazza contro la violenza di genere nel 2020?

Perché oggi in Italia si registra un femminicidio ogni tre giorni, mentre la Germania registra tre femminicidi alla settimana. Il femminicidio è la manifestazione estrema di una violenza che, nella maggior parte dei casi, non viene denunciata perché percepita dalla società, dalle istituzioni dello stato e dalle stesse persone coinvolte come ‘privata’. L’Italia registra anche il maggior numero di omicidi di carattere transfobico in tutta l’Unione Europea.

Il protocollo di distanza per l’arginamento della pandemia ha reso ancora più evidente la sistematicità del problema. In tutto il mondo le vittime di violenza domestica si sono ritrovate senza via di scampo dai loro aguzzini. Le richieste di aiuto nei centri di soccorso contro gli abusi domestici sono moltiplicate dappertutto.

A Berlino il 25 novembre 2020 noi di collettivo o45 abbiamo partecipato alla manifestazione organizzata dall’Alliance of internationalist feminists. La manifestazione è cominciata alle ore 18 di fronte all’Auswaertiges Amt, il ministero degli esteri, per poi attraversare il centro della città passando da Alexanderplatz e arrivando a Rosa- Luxemburg platz.

Nonostante il freddo, la pandemia e l’obbligo di rispettare le misure di sicurezza (distanza e mascherina) migliaia di persone sono scese in piazza a manifestare per il loro diritto di vivere una vita sicura in casa, sul lavoro, per la strada. La manifestazione internazionalista ha riunito donne lesbiche e eterosessuali, persone intersessuali, non binarie e trans provenienti dai paesi, dalle culture e dalle realtà più diverse, dando spazio a mlteplici azioni. Il blocco ispano-americano ha messo in scena la coreografia di “Un violador en tu camino” in spagnolo castigliano e tedesco. Il fem plaque, collettivo francofono, ha voluto ricordare tutte le vittime di femminicidio in Germania nell’ultimo anno portando per ogni caso di femminicidio un cartello che ne mostrasse la data, il nome della persona assassinata, e la sua età.

Lo sfruttamento delle classi sociali più deboli, il razzismo strutturale, le politiche neocoloniali e di deportazione hanno un ruolo attivo nella perpetuazione di queste vessazioni. La mancanza di un progetto europeo nei confronti delle politiche migratorie crea situazioni di estrema precarietà che per le donne di ogni età, le persone trans, intersex, non binarie e non eteronormative si traducono facilmente in violenza e morte.

La lotta di una di noi è la lotta di tutte noi.

Solo la resistenza porrà fine ai confini ed alle agende imperialiste. Solo la resistenza porrà fine alla violenza di genere ed al femminicidio.

“Solidarity is not enough, it is about resistance”